Molte sono le motivazioni che hanno portato l’ISE a promuovere e a sviluppare il master in Teologia Ecumenica ed il master in Dialogo Interreligioso. Nel seguito ne presentiamo alcune.

 

Il pluralismo religioso interroga le forme storiche delle religioni

A noi pare che il pluralismo religioso chieda alla cultura occidentale di scorgere nella crisi delle forme storiche delle religioni un’opportunità spirituale: non è in crisi la ricerca di senso religioso, quanto piuttosto i suoi contenitori tradizionali, le forme, i modelli storici che fin qui l’hanno accolta. Tempo favorevole per le tradizioni religiose: chiamate a rinnovarsi, a modificare la loro semantica, perfino ad accettare di ripensare in un nuovo contesto l’assolutezza dei propri messaggi all’umanità.

 

Lo spostamento a sud delle religioni

Riteniamo importante lasciarsi interrogare dai laboratori culturali, religiosi e spirituali che si compiono nel sud del mondo, dove la doppia appartenenza religiosa, il sincretismo culturale e religioso, prima che essere una questione dottrinale, è stata e continua a essere una questione vitale. Ci sono inedite forme religiose da conoscere e interpretare.

 

Dalla religione degli italiani all’Italia delle religioni

L’evidenza sociologica di non trovarsi più di fronte ad una religione degli italiani, ma piuttosto all’Italia delle religioni ci impegna a riconoscere un diverso orizzonte che interroga la tradizionale identità dell’italiano medio. Incrociando quotidianamente un mercato religioso sempre più diversificato, egli è chiamato ad una nuova autocomprensione delle propria fede e appartenenza religiosa.

 

“La religione all’italiana”: i cristianesimi

Il pluralismo si sperimenta non solo fuori, ma anche dentro la propria confessione religiosa. Esiste e va indagata una differente e ricca modalità di appartenere alla tradizione cattolica, come a quella protestante e ortodossa.

 

Una nuova cultura religiosa

Il pluralismo religioso chiede di saper rinnovare con coraggio la propria formazione, anche religiosa, nell’inedito contesto storico e culturale in cui si vive, investendo seriamente sulla formazione per produrre una nuova cultura ecumenica ed interreligiosa, necessaria per i nuovi, ma anche per i vecchi italiani.

 

Superare l’analfabetismo religioso

Occorre superare l’analfabetismo religioso che pesa soprattutto sulle nuove generazioni, senza più riferimenti legati alla tradizione, ma anche per aiutare a vivere la religione non solo come esperienza personale ed estetica, ma per il contributo collettivo e storico che essa può fornire.

 

Una nuova idea di laicità

Se la pluralità religiosa diventa uno stile e non si ferma a dichiarazione, allora anche la laicità potrà arricchirsi del contributo delle diverse grammatiche religiose sulla vita e il suo senso; allora anche le religioni possono partecipare appieno al dibattito sulle politiche pubbliche e in generale sulla vita del Paese.

 

La via politica della convivenza

Oltre il comunitarismo anglosassone e l’universalismo alla francese, la via italiana al pluralismo religioso, rappresentata dalle Intese, può proporsi, se indagata seriamente, come una diversa possibilità di governance della multireligiosità capace di tenere insieme laicità, rispetto dei diritti e dei doveri, riconoscimento pubblico delle comunità di fede, trasparenza organizzativa delle stesse e stimolo a relazioni istituzionali costruttive (e non solo rivendicative).

 

Il carattere popolare del pluralismo religioso

C’è un carattere popolare del dialogo ecumenico ed interreligioso che reclama di essere valorizzato. La frequentazione ai vari festival, incontri e convegni che mettono a tema, spesso in modo esperienziale oltre che culturale, il motivo della diversità concorre a fare del dialogo interreligioso non solo un argomento su cui discutere, ma un’esperienza da promuovere.

 

Ripensare la teologia del dialogo

Resta il fatto che per riconoscere la verità teologica del pluralismo, dopo averne raccolto le interpellanze, serve una diversa e rinnovata teologia del dialogo, capace di:

 

  • Misurarsi con il pluralismo della città post-secolari in cui viviamo
  • Contribuire ad un altro mondo possibile
  • Valorizzare la diversità, evitando l’omogeneità ma anche la frammentazione
  • Promuovere una relazione ecumenica ed interreligiosa a partire dal principio ermeneutico di “come l’altro vede se stesso”
  • Educare ad una identità ospitale
  • Promuovere relazioni con le persone di chiese e tradizioni religiose diverse, sempre attenta al carattere contestuale in cui si dà l’incontro

 

 

A chi si rivolgono i master? Nella prossima pagina ll pubblico dei master ne tracciamo alcuni profili.